Una proposta contro la devianza minorile
ROMA - 10 Luglio 2018
Tanti, ormai troppi, i casi di cronaca che vedono protagonisti giovani, spesso minorenni, vittime di agressioni da parte di altri coetani. Ogni volta seguono denunce e condanne, mentre i media danno spazio a interpretazioni sociologiche più o meno condivisibili. Raramente si va oltre la retorica o la richiesta di maggiore repressione.
Il fenomeno della devianza e della criminalità giovanile non può essere affrontato solo con un presidio più serrato delle forze dell’ordine e con pene più severe. Al contrario, proposte che prevedono tempi di attuazione molto lunghi rischiano invece di deresponsabilizzare le comunità locali nel presente. Forte della sua esperienza sul campo e conti alla mano, la Fondazione CON IL SUD propone un modello alternativo concreto, sostenibile, immediatamente praticabile e con risultati lungimiranti: i centri di aggregazione giovanile. La proposta (disponibile in fondo alla pagina) è stata presentata lo scorso 18 giugno a Napoli, nel corso di un incontro con la partecipazione del presidente della Camera Roberto Fico; il presidente della Fondazione CON IL SUD Carlo Borgomeo; la presidente dell’associazione Artur e docente alla Parthenope Maria Luisa Iavarone, madre di Arturo; l’attore Salvatore Sasà Striano e con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato l’assessore regionale alla Sicurezza urbana Franco Roberti; l’assessore all’Istruzione del Comune di Napoli Annamaria Palmieri; il rettore dell’Università Parthenope Alberto Carotenuto.
“Il fenomeno della devianza e della criminalità minorile è strettamente legato alla dispersione scolastica e alla mancanza di opportunità e di politiche di coesione sociale – afferma Carlo Borgomeo presidente della Fondazione CON IL SUD – Abbiamo elaborato dei dati: un ragazzo che frequenta attivamente un centro di aggregazione giovanile ‘costa’ quattro volte meno rispetto a un minore che entra nel circuito penale. Togliamo i ragazzi dalla strada e offriamo loro opportunità e fiducia, oltre a rispondere a diritti negati e disuguaglianze inaccettabili, scopriamo che è una soluzione perfino conveniente”.
Dai dati elaborati dalla Fondazione CON IL SUD emerge che, per quanto riguarda il circuito penale minorile, il costo medio annuo per utente è di 6.200 euro (92% relativo alle carceri e il restante ai tribunali), mentre un ragazzo che frequenta un centro di aggregazione ha un “costo” medio annuo che varia dai 500 ai 2.200 euro, a seconda della tipologia di centro e dall’intensità educativa proposta.
Le periferie urbane delle città meridionali contano oltre 1 milione di abitanti e sono quelle con il maggior numero di minori rispetto alle altre aree del Paese. Si tratta di aree caratterizzate dalla scarsità dei servizi essenziali ed educativi, dalla povertà economica e dalla disoccupazione giovanile, dall’illegalità e dalla presenza della criminalità organizzata. “Ma sono aree che, se opportunamente valorizzate e sostenute nei percorsi di fiducia e coesione sociale, sanno fornire risposte impressionanti in termini di capacità e tempi di riscatto – aggiunge Borgomeo”.
Un caso su tutti è la rinascita in corso del Rione Sanità. Nel 2006 le Catacombe di San Gennaro accoglievano 6.000 visitatori e coinvolgevano 5 ragazzi volontari. Ai 9 soci iniziali della cooperativa che gestisce le visite, oggi si sono aggiunti 14 dipendenti e tanti volontari: nel 2017 sono stati accolti 104.000 visitatori. Giovani e bellezza sono la chiave di questo successo. La presenza di spazi e luoghi liberi, ma allo stesso tempo protetti dalla comunità locale, ha fatto la differenza. Attraverso la musica, l’arte, lo sport, il fare e il dialogare, i Centri di aggregazione giovanile tolgono letteralmente i ragazzi dalla “strada”, sottraggono manovalanza a basso costo alle mafie e propongono ai ragazzi modelli educativi e culturali alternativi ma reali.
“Quanto contano per il Rione Sanità quelle decine di contratti di lavoro per i giovani e quelle migliaia di turisti che attraversano il quartiere?”, domanda provocatoriamente Borgomeo, che aggiunge “Si dovrebbe ribaltare il paradigma che prevede prima l’obiettivo della crescita economica e poi, eventualmente, l’investimento di risorse nel welfare, nella cultura e nella coesione sociale. Crediamo sia esattamente il contrario. La dispersione scolastica ci costa fino al 6,8% del Pil nazionale”.
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